L’architettura dell’anima: Un ponte tra i sistemi familiari interni e la Kabbalah

In un’epoca in cui la psicologia e la spiritualità iniziano a parlarsi in modo più fluente, si stanno costruendo ponti profondi tra le antiche tradizioni mistiche e i moderni modelli terapeutici. Uno di questi ponti è la risonanza tra i Sistemi Familiari Interni (IFS) – una modalità terapeutica sviluppata da Richard C. Schwartz – e l’Albero della Vita cabalistico, la mappa simbolica della coscienza nel misticismo ebraico. Sebbene questi sistemi provengano da radici storiche e culturali molto diverse, entrambi offrono quadri ricchi di sfumature per comprendere il mondo interiore, il percorso di guarigione e la natura del Sé.

La molteplicità interiore: L’IFS e i molti volti dell’anima

L’IFS sostiene che la psiche umana non è monolitica, ma è composta da “parti” distinte – sottopersonalità interiori che portano con sé ricordi, funzioni e fardelli emotivi. Ci sono i Dirigenti, che cercano di tenerci al sicuro controllando il nostro ambiente; i Pompieri, che reagiscono impulsivamente per evitare il dolore; e gli Esiliati, i bambini interiori feriti che portano con sé le ferite del trauma. Al centro di questo sistema interno c’è il , un nucleo di compassione, chiarezza e calma che può guidare il sistema con saggezza e amore.

Quest’idea di molteplicità può sembrare moderna, ma ne troviamo l’eco anche nelle tradizioni mistiche e in nessuna di esse è più ricca che nella Kabbalah.

Le Sefirot come energie archetipiche della psiche

Nella Cabala, l’Albero della Vita è composto da dieci sefirot, emanazioni divine o attributi che rispecchiano sia la struttura dell’universo che l’architettura dell’anima. Ogni sefirá esprime una qualità distinta: Gevurá è il limite e la disciplina, Jésed è l’amorevolezza, Tiféret è l’armonia e la compassione, Yesod è il fondamento dell’identità e della connessione e Maljut è la manifestazione nel mondo.

Non si tratta di concetti meramente teologici: sono dinamiche vive che operano all’interno di ogni essere umano. Una persona potrebbe incarnare un Guevurá iperattivo (auto-giudizio), un Maljut collassato (depotenziamento) o uno Yesod dissociato (perdita di coerenza interiore). Proprio come le “parti” nell’IFS, queste energie possono essere disallineate, in conflitto o bisognose di guarigione e integrazione.

Yesod e l’Ego, Tiféret e il Sé

Una mappatura particolarmente potente tra IFS e Kabbalah risiede nella relazione tra Yesod e Tiféret. Yesod, spesso associato all’ego, all’identità e all’interfaccia con il mondo esterno, può essere paragonato alle “parti” dell’IFS – le varie personalità e strategie che sviluppiamo per navigare nella vita. Tiféret, invece, si trova nel cuore dell’Albero e corrisponde al nell’IFS: è la sede della compassione, dell’equilibrio e della verità divina. Quando Yesod è scollegato da Tiféret, l’ego agisce da solo, compensando, esibendosi o proteggendosi. Quando si ricollega a Tiféret, l’ego diventa un veicolo per l’espressione spirituale incarnata.

L’IFS offre un processo terapeutico per aiutare le parti a sciogliersi e a fidarsi del Sé. La Kabbalah offre un percorso mistico in cui ogni sefirá è bilanciata e armonizzata sotto il principio centrale di Tiféret, un modello di anima allineata.

Trasformazione attraverso l’integrazione

In entrambi i sistemi, la guarigione non consiste nell’eliminazione, ma nell’integrazione. L’IFS non mira a distruggere le parti, ma a liberarle e a riportarle al loro ruolo naturale. Allo stesso modo, la Kabbalah insegna che le sefirot sono sacre; lo squilibrio sorge solo quando una domina senza la presenza temperante del suo complemento. Jésed senza Guevurá diventa indulgenza; Guevurá senza Jésed diventa crudeltà. L’obiettivo non è la purezza attraverso la sottrazione, ma la completezza attraverso l’equilibrio dinamico.

Questa idea risuona profondamente con l’idea di Schwartz secondo cui tutte le parti sono “buone” – hanno solo bisogno di essere guidate, non esiliate. Allo stesso modo, l’Albero della Vita non è una gerarchia da ascendere e lasciare alle spalle, ma un sistema da incarnare e armonizzare.

La discesa prima dell’ascesa: Il sentiero cabalistico della guarigione

La Kabbalah sottolinea che l’ascensione richiede la discesa. Per elevarci alla luce di Kéter (la corona dell’unità divina), dobbiamo scendere completamente in Maljut, il regno della materia e dell’ombra. Questo riflette l’intuizione di IFS secondo cui per guarire dobbiamo rivolgerci al nostro dolore, non aggirarlo. Il percorso verso l’alto inizia con l’incontro con gli Esiliati, l’ascolto dei loro fardelli e il ripristino della fiducia interiore.

Come scrive Mario Sabán in Sod 22, “non c’è ascenso verdadero senza un descenso completo”. L’anima deve abbracciare la sua ombra e imparare dal mondo materiale, non rifiutarlo. La guarigione è una spirale, non una scala.

Verso una psicologia spirituale integrativa

Sia l’IFS che la Kabbalah ci portano alla stessa rivelazione: non siamo rotti, siamo frammentati. La nostra interezza non viene mai persa, ma solo oscurata. Attraverso la compassione, la presenza e l’ascolto profondo – sia delle nostre parti interiori che delle energie divine che fluiscono attraverso di noi – iniziamo a ricordare chi siamo veramente.

Che tu sia un terapeuta, un ricercatore spirituale o qualcuno che sta percorrendo il cammino della guarigione, queste due tradizioni offrono lenti complementari attraverso le quali comprendere il viaggio. Psicologia e misticismo non sono necessariamente in contraddizione, ma possono illuminarsi a vicenda.

E forse è proprio questa la grande opera del nostro tempo: riportare i pezzi frammentati della nostra psiche, della nostra tradizione e del nostro mondo in una sacra armonia.

Nota dell’autore: questo articolo trae ispirazione dai Sistemi Familiari Interni di Richard Schwartz e dalle interpretazioni di Mario Sabán dell’Albero della Vita cabalistico, in particolare nel suo libro “Sod 22: El Secreto”.

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